Scritto da Enzo Verga il 07/07/2013

Tutto é veleno, nulla é veleno, é la dose che fa il veleno”, affermava il noto medico alchimista svizzero Paracelso. Spesso questo aforisma viene associato al consumo di cibo quando si vuole un poco stemperare la demonizzazione che viene fatta (a volte a ragione, a volte un poco meno) in relazione al consumo di determinati alimenti.
Ma con i dovuti pesi e contrappesi possiamo usare tale frase anche in relazione a diversi oligoelementi tra i quali il LITIO.
Caratteristica principale degli oligoelementi (dal greco oligos=poco) è quella di essere essenziali per la vita se presenti nel nostro organismo in piccolissime quantità, si parla di elementi “traccia” nell’ordine di milligrammi e microgrammi. A dosi superiori invece possono presentare fattori di tossicità.
È fin dal 1894 che Gabriel Bertrand evidenzia il ruolo essenziale svolto dagli oligoelementi ed è lui ad essere il primo fautore di un metodo terapeutico basato sulla loro somministrazione a piccolissime dosi (oligoterapia catalitica). Sarà in seguito il medico francese Jacques Ménétrier a svilupparne i concetti.
Ma torniamo ad occuparci del LITIO e della sua particolarità di essere impiegato, oltre che in OLIGOTERAPIA, anche come FARMACO.
Il suo nome, dal greco lithos, pietra, ricorda l’uso che si faceva in antichità dei sali di questo minerale nella terapia della gotta e della calcolosi urinaria, allora definita “malattia della pietra” ma la storia del suo impiego terapeutico è segnata principalmente da 2 studi.
Nel 1877 S.W. Mitchell, neurologo, pubblica i risultati favorevoli raggiunti con la somministrazione di sali di Litio e Bromo nel trattamento di condizioni psichiatriche caratterizzate da iperattività, estrema labilità emotiva, astenia, ansia ed insonnia. Più avanti nel 1949 John Cade dimostra l’effetto favorevole indotto dal LITIO, somministrato in dose farmacologica, nella cura della psicosi maniaco depressiva.
Il campo di azione di questo oligoelemento è quindi l’alterazione del sistema nervoso ed in particolare viene usato nelle sindromi ansioso-depressive in quanto il LITIO, con meccanismi ancora poco chiari, interviene sull’attività dei neurotrasmettitori. Il LITIO eleva i livelli cerebrali di Triptofano e 5 idrossitriptamina (metabolita della serotonina). Occorre però tenere ben distinto l’impiego in OLIGOTERAPIA dall’uso FARMACOLOGICO.
In OLIGOTERAPIA si somministrano bassi dosaggi nell’ordine di circa 5/10 mg giornalieri con la funzione di riequilibrare il “terreno costituzionale” del soggetto e di conseguenza viene normalmente associato all’oligoelemento regolatore diatesico, spesso il complesso RAME-ORO-ARGENTO. In tale situazione l’assunzione dovrà protrarsi per periodi anche prolungati e non vi sono particolari effetti collaterali da considerare, proprio in quanto usato a bassissimi dosaggi detti appunto catalitici.
Altro discorso se viene impiegato come FARMACO e quindi a dosaggi ben superiori, a partire da 500 mg ed anche oltre a secondo del caso specifico. L’uso farmacologico è soggetto a prescrizione medica e riservato in situazioni di avvenuta diagnosi di depressione con componente bipolare. È impiegato nelle fasi acute della patologia soprattutto come stabilizzatore dell’umore, per prevenire le recidive ed in tali situazioni l’uso farmacologico diventa prioritario.
Ma proprio per il potente dosaggio usato (si torna a Paracelso) il suo impiego deve essere monitorato, soprattutto nella fase iniziale, con molta attenzione in relazione ai possibili danni che può arrecare alla funzionalità renale e a quella della tiroide ma non solo. Per tale motivo deve essere il medico specialista-psichiatra a gestire con cura tali condizioni.
Concludo con l’indicazione di un recentissimo studio nel quale pare confermato il ruolo curativo del LITIO farmacologico nelle sindromi depressive prevenendo anche i rischi di suicidi che accompagnano purtroppo tali patologie.
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IL LITIO PREVIENE I SUICIDI

Il litio sembra contenere il rischio di suicidio nei disturbi dell’umore, non solo riducendo le ricadute depressive ma anche con altri meccanismi come la diminuzione dell’aggressività e dell’impulsività.
Ecco le conclusioni di una metanalisi svolta in collaborazione tra l’Università di Verona e quella di Oxford, pubblicata su Bmj. «I disturbi dell’umore sono tra le principali cause di disabilità globale con due sottotipi principali: quelli unipolari, caratterizzato da episodi depressivi, e quelli bipolari, con manie o ipomanie e depressione a intermittenza» esordisce Andrea Cipriani, psichiatra del Dipartimento di Sanità Pubblica e Medicina di Comunità dell’Università di Verona e primo autore dell’articolo. In questi pazienti il rischio di suicidio è tra il 6 e il 10%, 10 volte superiore rispetto alla popolazione generale, e raggiunge picchi del 26% tra gli uomini ricoverati in psichiatria con disturbo bipolare e storia di autolesionismo. I farmaci svolgono un ruolo nella prevenzione anti suicidaria: il litio somministrato a lungo termine, per esempio, riduce il rischio di suicidio nei disturbi dell’umore unipolari e bipolari rispetto al placebo. Tuttavia, il basso numero di eventi e le stime imprecise dell’effetto del trattamento lasciano un’incertezza residua.
Da qui la metanalisi italo-britannica sugli effetti anti suicidari del litio.
«A questo scopo abbiamo selezionato dai principali archivi biomedici come Medline, Embase, Cinahl, Psycinfo, Centrale, gli studi controllati e randomizzati di confronto tra litio e placebo o altri farmaci attivi nel trattamento a lungo termine dei disturbi dell’umore» aggiunge lo psichiatra. I risultati? La revisione sistematica ha incluso 48 trials per 6.674 partecipanti. «Nel ridurre il numero di suicidi e le morti per tutte le cause il litio è stato non solo più efficace del placebo, ma anche degli altri farmaci» dice Cipriani. E conclude: «Questi dati indicano che il litio dovrebbe continuare ad avere un ruolo importante nella riduzione del rischio tra le persone con disturbo bipolare e unipolare ricorrente nonostante i noti effetti collaterali tra cui la ridotta funzione renale, l’ipotiroidismo, l’iperparatiroidismo e l’aumento ponderale.
Gli effetti negativi sono probabilmente correlati alla curva dose risposta, che andrà attentamente calibrata nel singolo paziente».

Fonti: doctornews33, 02/07/2013
http://www.bmj.com/content/346/bmj.f3646

Bibliografia: OLIGOELEMENTI e LITOTERAPICI NELLA PRATICA CLINICA – BRUNO BRIGO- Ed. Tecniche Nuove

-La MEDICINA MITOCONDRIALE –Prof. IVO BIANCHI –Mos Maiorum Editions-

 

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